Star Wars vs The Mandalorian: andare oltre il passato

Star Wars vs The Mandalorian: andare oltre il passato

Dunque, è tempo di bilanci. E’ fine anno (occhio, qualche spoiler).

Come molti altri (grazie anche molti articoli anglosassoni), sono entrata in contatto con la serie di Disney Plus The Mandalorian, ispirata all’universo Star Wars.

E come molti altri ho visto l’ultimo episodio della saga, Star Wars. L’ascesa di Skywalker.

La questione è complessa (perché i motivi che portano alla riuscita o meno di un prodotto sono difficili spesso da capire prima), e anche semplice (perché il testo è lì, e parla).

Però è così: The Mandalorian fa il suo dovere, Star Wars no. La delusione in sala per il film era palpabile, mentre sul web la serie fa registrare livelli altissimi di hype (mi adeguo linguisticamente). E no, non è solo per quella meraviglia di Baby Yoda, The Child, il-più-bellissimo-essere-della-Galassia-guai-a-chi-lo-tocca.

1. The Mandalorian può essere libero come la nuova trilogia non ha potuto. Quest’ultima infatti ha dovuto rimodellare il suo passato, e se tutto questo era comprensibile nel primo episodio, dal secondo l’operazione sapeva troppo di vintage. Anzi, di stantio. The Mandalorian invece è quel mondo lì, quel sapore lì, ma va per la sua strada;

2. The Mandalorian è libero anche di essere, paradosso, vecchia Tv, mentre Star Wars deve dimostrare di essere “cinema aggiornato”. La serie ha una struttura seriale classica, episodica: l’eroe, la sua missione generale, il susseguirsi di avventure e luoghi di episodi in episodio. Eppure questa semplicità gli permette di recuperare il western fantascientifico (la base vera di Star Wars), e allo stesso tempo di stratificare i personaggi pian piano. Star Wars moltiplica i personaggi, le scene, le trame ma alla fine tutto risulta artificiale. E così i personaggi…

3. Già, i personaggi. Il vero dramma. Kylo Ren è una bella invenzione. Purtroppo nell’episodio due certe sue potenzialità si perdono e quello che gli accade nell’episodio tre è troppo poco. Ne vorremmo di più. Rey invece è il nulla. Come personaggio e anche come carisma attoriale. Non c’è storia con Adam Driver. Pure il Mandalorian col suo casco è più espressivo ed empatico di Rey (che non è nemmeno un personaggio “femminile”, è un essere efebico, al massimo). Gli altri nuovi personaggi non esistono. Poteva esistere forse Poe (sì, ho un debole per Oscar Issacs), ma anche qui quello che si era seminato nel primo episodio della nuova trilogia si perde successivamente;

4. Baby Yoda. Se uno (Jon Favreau) a poche settimane dall’uscita del film ti fa uno scherzetto simile beh, o lo omaggi caro JJ Abrams o gli spari. Baby Yoda è un’invenzione narrativa (e commerciale, certo) perfetta: per The Child temiamo davvero, mentre per il destino di Rey no. Sappiamo che entrambi si salveranno, ma di uno ci interessa dell’altra no. Non è solo perché uno è taaaanto caaaaaaarino. La questione è proprio drammaturgica: l’esistenza di Rey non ci tocca mai, non ne capiamo i dolori o i dubbi o i sentimenti. Capiamo Kylo. E allora dovevate darcene di più.

5. C’è più politica in The Mandalorian (“L’impero porta pace e organizzazione”) che in Star Wars, dove anche l’idea dei nuovi nazi che rifanno goffamente ma comuque pericolosamente i vecchi nazi (Kylo ridicola imitazione di Darth, come oggi certa destra) si perde, e alla fine tutto diventa una questione quasi demoniaca stile Voldemort. E in quella saga lì erano pure più raffinati

6. Restano certe scene bellissime ma…sono più intensione quando qualche cattivo prende in braccio Baby Yoda che quando sparano al team Rey

7. Nel terzo episodio, purtroppo, si vedono i casini produttivi e ideativi della saga. Sottoposta a una serie di sfortune certo, e anche a un evidente blocco creativo. Come se dei fantasmi del passato fosse impossibile liberarsi, e vale per i personaggi e per il team creativo e produttivo. Così la costante presenza dei “vecchi eroi” diventa non solo irrilevante ma un peso, anzi una sorta di blocco emotivo per i nuovi arrivati che non riescono mai a fare davvero il grande salto verso l’indipendenza. Star War non racconta che è possibile guadagnarsi la gloria in tutta la Galassia partendo dal nulla. Racconta invece che è possibile guadagnarsi un cognome blasonato in tutta la Galassia partendo dal nulla. Ci prova Kylo Ren a ribellarsi (infatti uccide il padre), ma poi ahinoi questa sua forza esplosiva viene bloccata invece di trasformarsi nel vero nucleo narrativo della saga. E’ lo stesso blocco creativo di registi e sceneggiatori. Così di fronte al film ti viene da urlare: “Ok, basta coi vecchi che spiegano cosa devono fare, nessuno ha il coraggio di urlare OK BOOMER?”. Come succede a molti film mancati, ecco che Star Wars racconta in fondo la nostra epoca: potremmo essere grandiosi, potremmo fare di Adam Driver il più strepitoso cattivo che si redime in un film mainstream, e invece no, sentiamo cosa devono dirci mamma, papà e nonni. E lo studios, ovvio. E’ un po’ la sindrome Marvel vs Scorsese: con tutto il rispetto, Scorsese può dire ovviamente quel che vuole, ma voi ve ne dovete fregare cari registi della nuova era.